IIT: robot per telemedicina da costruire in ospedale a 1000 euro

Materiali comuni e software gratuito: già in uso in tre strutture.

Non c’è bisogno di grandi investimenti o procedure complesse per usare i robot per assistere i malati ricoverati con Covid-19: i componenti – tra i quali un aspiratore due cellulari – sono oggetti acquistabili su tutte le principali piattaforme di commercio on line per circa mille euro, e il software la vera anima del robot per la teleassistenza, lo mette a disposizione gratis IIT, l’Istituto italiano di tecnologia.Il minirobot consente di prestare ai ricoverati in isolamento assistenza di base, dalla consegna dei farmaci ai consulti, e anche di rendere facilmente accessibili i contatti e le relazioni – per quanto a distanza – tra i pazienti e i parenti. I primi tre robot sono già attivi nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, nell’a Azienda USL Toscana Nordovest di Massa-Carrara e nel Centro Polivente Anziani Asfarm di Induno Olona, rivelandosi preziosissimi per ridurre i rischi di contagio degli operatori sanitari.Il minirobot è il cuore del progetto LHF-Connect di IIT che prevede di mettere a disposizione delle strutture sanitarie tutte le istruzioni per la costruzione del presidio di telepresenza. Il software che guida e gestisce il minirobot è stato sviluppato da un team di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) in collaborazione con l’Università di Pisa, ed è rilasciato in open source anche sulla piattaforma TechForCare.com recentemente lanciata dall’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti (I-Rim) e Maker Faire Rome; e proprio la comunità dei makers italiani offre il supporto a quanti hanno bisogno di assistenza nella fase di assemblaggio.Tecnicamente LHF-Connect è costituito da una base mobile realizzata modificando un’aspirapolvere robotico commerciale, da un piedistallo e due cellulari o tablet. Il software sviluppato dal team IIT e Università di Pisa permette la supervisione del robot da parte di un operatore remoto, rendendolo così in grado di raggiungere i letti dei pazienti ricoverati in isolamento. Quando la connessione tra il paziente e il medico o il parente è stabilita, il pilota volontario abbandona la comunicazione per garantire la privacy. Il robot è dotato di una intelligenza artificiale che ne aiuta la navigazione, ma viene supervisionato a distanza da una persona che gli impartisce gli ordini. Al momento il robot viene utilizzato con l’assistenza remota di ricercatori o di operatori sanitari, ma il progetto prevede di istruire i volontari che offriranno alcune ore per guidare a distanza i robot nei reparti Covid-19 che li richiedono, aiutando il personale sanitario già sovraccarico di attività. I volontari possono dare la propria disponbilità sul sito del progetto. Qualsiasi struttura sanitaria che abbia bisogno di questa specifica soluzione può collegarsi al sito www.lhfconnect.net dove, oltre a poter vedere il robot in azione, sono disponibili tutti i disegni, il software e le istruzioni per chiunque voglia replicare il dispositivo. Questa e altre iniziative saranno anche presenti sulla piattaforma TechForCare.com e sul sito istituzionale dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). (https://www.iit.it/iit-vs-covid-19).‘Abbiamo parlato molto con i medici ed il personale sanitario, e abbiamo scoperto che non c’era bisogno di ‘rocket science’ per essere veramente utili, oggi e dovunque serva, in questo momento di emergenza. Ci è stato detto che un semplice robot di telepresenza sarebbe stato di grande aiuto per gli operatori, continuamente esposti a rischi di contagio, e per i ricoverati in reparti Covid-19, che rimangono isolati per settimane senza poter avere contatti con le proprie famiglie – racconta Antonio Bicchi, ricercatore IIT, professore all’Università di Pisa e Presidente di I-Rim – Il nostro obiettivo è dare ora il nostro contributo per la gestione delle strutture ospedaliere e un leggero sollievo ai ricoverati e alle loro famiglie. La ricerca italiana in Robotica, che è una delle più forti al mondo, continua intanto a preparare il futuro’. ‘Il progetto LHF-Connect offre grandi opportunità ai pazienti affetti da Covid-19, alle persone che vogliono essere loro vicine ed al personale sanitario, duramente impegnato in questa situazione di vera emergenza -dice Mauro Ferrari, professore di Chirurgia e Direttore del Centro ENDOCAS dell’Università di Pisa – Le potenzialità del progetto, tuttavia, si potranno sviluppare oltre i confini di questa fase e saranno utilissime per disegnare una assistenza sanitaria molto più improntata sull’uso della telemedicina. Per questo, sia la Direzione Aziendale, sia i medici già coinvolti nel progetto hanno manifestato interesse e grande disponibilità’. Il progetto LHF, di cui LHF-Connect è il primo prodotto, prende il nome da ‘Low Hanging Fruits’ cioè quei frutti della ricerca robotica più avanzata svolta negli anni passati, e che sono oggi a portata di mano per una applicazione vasta e immediata. Nell’emergenza Covid-19, i ricercatori del progetto LHF hanno raccolto le necessità delle strutture ospedaliere e pensato a soluzioni rapide e realizzabili con oggetti commerciali di largo consumo, collaudati e disponibili facilmente, in breve tempo e con una spesa ridotta. Questo progetto ha potuto svilupparsi anche grazie all’azienda iRobot, la casa madre di Roomba – il robot aspirapolvere più diffuso e prodotto in milioni di esemplari – che ha concesso al progetto tutto italiano LHF-Connect di accedere alle proprie librerie software usandole e modificandole. Il progetto LHF è libero da ogni interesse commerciale e aperto all’utilizzo di qualsiasi prodotto possa essere utile.Il primo robot assemblato è ora operativo nelle corsie dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP) a Cisanello e permette al personale sanitario di controllare i pazienti ricoverati affetti da Covid-19 in remoto e di connetterli con le loro famiglie e amici attraverso le video chiamate, per alleviare i lunghi periodi di degenza. Altri test sono stati fatti nel Nuovo Ospedale Apuano della Azienda USL Toscana Nordovest. La tecnologia consente inoltre di prestare forme di assistenza di base come la consegna dei farmaci, diminuendo l’esposizione del personale sanitario al virus e riducendo la possibilità di contagio.In particolare il dispositivo è stato testato, sia in reparti Covid-19 che di terapia intensiva e sub-intensiva, mettendo in comunicazione una paziente ricoverata in corsia e i suoi familiari, che dal momento del ricovero non avevano avuto la possibilità di vedersi. La procedura è avvenuta senza rendere necessaria l’esposizione del personale medico. Durante la sperimentazione si sono valutate anche le procedure per la sanificazione del dispositivo e sono state studiate le modalità per garantire la massima protezione della privacy.Si sono inoltre sperimentate le potenzialità nel campo della telemedicina effettuando un consulto a distanza in un reparto di terapia intensiva tra il direttore del Dipartimento di Anestesia e rianimazione dell’Aoup Fabio Guarracino e un paziente intubato. Il medico ha osservato i monitor e interloquito con l’infermiere che assisteva il paziente. L’utilizzo di LHF-Connect ha consentito di ridurre sensibilmente i tempi complessivi del consulto, poiché non si è resa necessaria la fase di preparazione e vestizione del medico, e di limitare l’esposizione del personale al rischio di contagio. Inoltre il consulto può avvenire a distanza, anche da una città all’altra, aprendo la strada a molte numerose applicazioni. Un terzo robot, assemblato autonomamente seguendo le istruzioni del progetto, è invece operativo presso il Centro Polivalente Anziani Asfarm di Induno Olona (Va), un RSA al momento Covid19-free, grazie alle azioni preventive dei gestori della struttura, dove il dispositivo mette in comunicazione gli ospiti con i parenti e, teloperato dagli operatori della struttura, fornisce assistenza portando quotidiani o medicinali. ‘Quando si sarà allentata la pressione sui ricoveri per Covid-19, che stiamo già osservando da qualche settimana anche nel nostro ospedale – dichiara il direttore generale dell’Aoup Silvia Briani – è naturale che riprendano gradualmente tutte le attività ma niente potrà più essere replicato con le stesse modalità della fase pre-Covid-19 perché ci saranno nuovi standard di sicurezza cui attenersi. Per cui stiamo già lavorando alla cosiddetta ‘ripartenza’ in accordo con le indicazioni regionali e queste potenzialità offerte dal dispositivo, in particolare sulla telemedicina/teleconsulto sono interessanti e meritano quindi di essere testate’. ‘Un progetto concreto che dà un contributo sostanziale nella gestione di questa emergenza che coinvolge ogni ambito della nostra vita, compreso quello affettivo. Ma che soprattutto richiede nuove modalità di intervento in campo assistenziale e medico – commenta il Rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella -. Con LHF-Connect facciamo un passo in più verso la Fase 2 e la nostra Università è fiera di aver fatto parte di questo progetto che nasce da una preziosa collaborazione tra pubblico e privato e che conferma, una volta di più, come il nostro sistema Universitario sia un’eccellenza su cui è necessario investire per il futuro del Paese’. Il progetto rientra nell’iniziativa TechForCare, una piattaforma, recentemente lanciata su iniziativa di I-RIM, l’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti che riunisce la ricerca accademica più visionaria e l’industria aperta alle tecnologie avanzate e Maker Faire Rome – The European Edition punto di incontro della community dei makers e degli innovatori. TechForCare ha il ruolo di raccogliere le esigenze tecnologiche nate in seguito all’emergenza Covid-19 e connetterle con chi tra Istituti di ricerca e Makers può offrire soluzioni pronte in breve tempo.
Fonte: askanews.it
 

Teva: 140 candidature da tutta Italia e 10 progetti finalisti

Un numero record di 140 candidature ricevute da tutta Italia conferma la grande partecipazione delle associazioni no profit all’edizione 2025 degli Humanizing Health Awards, il premio promosso da Teva Italia, azienda farmaceutica leader nel mercato, per valorizzare i progetti che mettono al centro la relazione di cura. Un risultato che, informa una nota, testimonia quanto il tema dell’umanizzazione della sanità sia oggi più che mai condiviso e sentito su tutto il territorio.

“Ogni anno, gli Humanizing Health Awards ci ricordano quanto sia prezioso il lavoro delle associazioni senza scopo di lucro che operano accanto a pazienti e caregiver con dedizione, ascolto e umanità – ha commentato Giordana Cortinovis, Marketing e Communication Director di Teva Italia. Quest’anno siamo stati colpiti non solo dal numero, ma anche dalla qualità e originalità dei progetti ricevuti, espressione di un Terzo Settore innovativo e vicino ai bisogni delle persone.”

Lanciato a marzo, il bando degli Humanizing Health Awards ha raccolto in poche settimane proposte da enti e associazioni che, ogni giorno, alleviano il percorso di cura di pazienti e caregiver. Dopo un’attenta valutazione dei 140 progetti da parte di quattro comitati interni – composti da una rappresentanza dei dipendenti Teva – e di un comitato esterno – composto da medici, farmacisti, giornalisti e rappresentanti del terzo settore – sono stati selezionati 10 progetti finalisti, 2 per ciascuna delle cinque categorie in gara: patologie oncologiche; patologie pediatriche; caregiver; salute mentale e malattie neurodegenerative; malattie croniche.

Il comitato esterno ha visto il coinvolgimento di figure autorevoli provenienti dal mondo medico, farmaceutico e giornalistico: Giampaolo Cerri, giornalista esperto di temi sociali; Andrea Fanzago, Presidente CSV Milano; Vassilis Martiadis, psichiatra presso l’ASL Napoli 1; Anna Carla Pozzi, Vicesegretario FIMMG Lombardia; Annarosa Racca, Presidente di Federfarma Lombardia; Grazia Sances, neurologa della Fondazione Mondino; Giulio Sensi, giornalista specializzato nel Terzo Settore. I cinque vincitori – uno per ciascuna categoria – saranno decretati grazie alle votazioni di tutti i dipendenti di Teva Italia insieme, per la prima volta, a una rappresentanza di medici e farmacisti iscritti alla piattaforma TevaLab. Una scelta che arricchisce ulteriormente il valore del premio, coinvolgendo attivamente gli operatori sanitari che lavorano per migliorare la salute delle persone. I vincitori saranno annunciati nel corso della cerimonia ufficiale prevista a settembre. Teva Italia ringrazia di cuore le tante associazioni che hanno aderito all’iniziativa e si congratula con loro per l’impegno portato avanti quotidianamente nell’aiutare le persone durante il difficile momento della malattia.

Fonte: askanews.it

Dal 24 al 26 ottobre a Peschiera del Garda

Che tipo di risata hai? Spontanea, contagiosa o intenzionale? Potrai scoprirlo in occasione del V Congresso Italiano di Yoga della Risata, organizzato dal 24 al 26 ottobre a Peschiera del Garda (VR) dall’Istituto Italiano di Yoga della Risata, diretto dai Master Trainer Lara Lucaccioni e Matteo Ficara. Saranno tre giorni di formazione, giochi e risate, aperti a tutti, per scoprire la via più semplice ed economica al benessere.

Nel trentesimo anniversario della nascita di questa pratica, l’evento sarà un’esperienza corale, inclusiva e profondamente trasformativa, pensata per chi vuole crescere, connettersi e ispirarsi. Oltre 40 relatori condivideranno le loro esperienze di successo nelle varie applicazioni: ambito educativo (scuola e bambini), aziende, sociale (anziani), clinico e riabilitativo (malattie neurodegenerative, persone con disabilità, con disturbi alimentari e psichiatrici), spirituale e personale.

Protagonisti d’eccezione saranno i fondatori della pratica: il medico indiano dottor Madan Kataria e sua moglie Madhuri, che interverranno da remoto portando aggiornamenti mondiali su una disciplina basata sull’intuizione rivoluzionaria che tutti possono ridere anche in assenza di umorismo, con innumerevoli benefici terapeutici, comprovati da oltre 700 ricerche scientifiche.
Il Congresso 2025 si distingue per il respiro internazionale, con la presenza di alcuni dei più importanti ricercatori mondiali, tra cui il Master trainer australiano Merv Neal, con aggiornamenti anche dalla sua ultima pubblicazione sulla Oxford University Press, e Fatma Ozlem Ozturk, professoressa associata all’Università di Ankara. In anteprima verranno presentati anche studi e ricerche in corso in Italia.

Fonte: askanews.it

Mendola (CeliachiaFacile): supermercati usano senza glutine come prodotto-civetta

L’adozione da parte della Regione Sicilia della piattaforma Celiachia@RL e dei buoni spesa digitali è senza dubbio un enorme passo avanti – ma non solo per la Grande Distribuzione (GDO), anche i negozi specializzati aspettavano con ansia il nuovo sistema – i vantaggi che invece i celiaci avranno a fare la spesa nei supermercati sono tutti da verificare. “Recentemente – commenta in una nota Michele Mendola, referente regionale per la Sicilia dell’Associazione Italiana Negozi Celiachia (AINC ETS) e founder della community CeliachiaFacile, – su un quotidiano è apparso articolo che invita a preferire i supermercati con il nuovo sistema elettronico, sostenendo che vi sia una maggiore convenienza economica. In realtà, chi frequenta i supermercati sa bene che l’offerta di prodotti senza glutine è molto limitata e la convenienza finale è tutta da verificare”.

L’esperto sottolinea che finora i buoni cartacei hanno limitato fortemente la diffusione dei prodotti senza glutine nei supermercati. “La gestione dei vecchi buoni – spiega Mendola – era molto onerosa dal punto di vista amministrativo, la Grane Distribuzione preferiva non accettarli e vendere solamente quei prodotti che riusciva a trovare sottocosto”.

Con l’arrivo dei buoni digitali, tuttavia, la situazione potrebbe non cambiare: “Il problema di fondo – prosegue – è che i celiaci sono una categoria di consumatori poco appetibile per la GDO: rappresentano appena lo 0,44% della popolazione, in Sicilia ci sono 20mila intolleranti su una popolazione di quasi 4,8 milioni di persone. Per un numero così esiguo di persone, ogni supermercato dovrebbe offrire la variante senza glutine di ogni prodotto: pane, pasta, biscotti, dolci, surgelati, piatti già pronti, prodotti tipici e di stagione”.

I supermercati riescono certamente a offrire dei prezzi più vantaggiosi su quei prodotti gluten-free che rientrano in contratti di fornitura più ampio. “In quel caso potrebbero addirittura essere offerti a prezzi inferiori al costo. Ma questo vuol dire – osserva l’esperto, – che il senza-glutine viene usato come prodotto-civetta: il maxi-sconto serve a attirare il cliente nel supermercato, nella speranza che poi acquisti anche gli altri prodotti a prezzi normali. Sull’intero carrello, la differenza si riduce, quando non si azzera del tutto. Sicuramente, però, il celiaco deve accontentarsi di una gamma di prodotti molto standardizzata”.

Ma oltre alla varietà della scelta, “il vero punto di forza dei negozi specializzati – sottolinea il divulgatore, – è rappresentato dalla varietà della scelta, nella qualità selezionata e nella capacità del negoziante di indirizzare correttamente il cliente, servizi che la grande distribuzione non è in grado di offrire. Chi cerca qualità, attenzione e una scelta ampia e diversificata continuerà a preferire i piccoli negozi specializzati che rappresentano da sempre un punto di riferimento imprescindibile per il mondo senza glutine”. Nella maggior parte dei casi, chi apre un negozio di prodotti senza glutine è egli stesso intollerante, o ha un familiare celiaco . “Questa motivazione personale – osserva ancora Mendola, – si traduce in un servizio che va ben oltre la semplice vendita: il negoziante chiama ogni cliente per nome, conosce le sue preferenze, consiglia nuovi prodotti adatti alle esigenze specifiche, e tiene traccia delle prenotazioni personali, preparando anche anticipatamente la spesa per chi è di fretta”. I negozi specializzati inoltre diventano così luoghi di aggregazione e confronto, vere e proprie community dove i celiaci possono scambiare opinioni, ricette, consigli pratici. “I negozianti o le farmacie con reparti dedicati organizzano eventi anche informativi sulla celiachia, incontri con specialisti e degustazioni per presentare ai clienti nuovi prodotti e sensibilizzare la comunità locale” conclude il fondatore di CeliachiaFacile.

Fonte: askanews.it

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