Ricerca, ridurre paura legata a un ricordo con stimolazione cerebrale

Studio Università Bologna: possibile superare ricordi traumatici
Roma, 3 ago. (askanews) – Un gruppo di studiosi dell’Università di Bologna ha messo a punto un nuovo paradigma sperimentale non invasivo che permette di alterare la memoria di un’esperienza negativa appresa: un risultato che apre la strada a nuovi trattamenti per superare ricordi traumatici.Il risultato dello studio – presentato sulla rivista Current Biology – è un protocollo innovativo che abbina un condizionamento aversivo – ovvero uno stimolo a cui è associato un evento spiacevole, generando così un ricordo negativo – con la neurostimolazione di una particolare porzione della corteccia prefrontale. In questo modo – spiega l’Alma Mater – il ricordo dell’evento aversivo viene modificato in modo tale da non generare più paura quando è richiamato alla memoria. “Utilizzando questa procedura sperimentale, che abbina stimolazione cerebrale e riconsolidamento mnesico, siamo stati in grado di modificare un ricordo aversivo che i soggetti avevano appreso il giorno precedente”, spiega Sara Borgomaneri, ricercatrice dell’Università di Bologna e prima autrice dello studio. “Si tratta di un risultato con importanti implicazioni per la comprensione dei meccanismi della memoria, che potrebbe permettere anche di sviluppare in futuro nuovi trattamenti per affrontare ricordi traumatici”.Al centro del lavoro dei ricercatori c’è il riconsolidamento, un processo che serve a mantenere, rafforzare e modificare i ricordi che sono già memorizzati nella memoria a lungo termine. “Ogni volta che viene rievocato, un ricordo può tornare ad essere modificabile per un periodo limitato di tempo”, spiega il ricercatore Simone Battaglia, co-autore dello studio. “Approfittando di questo breve spazio temporale, il paradigma sperimentale che abbiamo messo a punto riesce quindi ad interferire con il riconsolidamento di memorie aversive apprese in precedenza”.Per riuscire a “cancellare” la paura associata ad un ricordo negativo, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica chiamata Stimolazione magnetica transcranica (TMS) che, grazie ad una bobina posizionata sulla testa, permette di creare un campo magnetico in grado di modificare l’attività neurale di specifiche aree cerebrali. La TMS è una tecnica non invasiva (non prevede operazioni chirurgiche o altre azioni dirette sui soggetti coinvolti) e per questo viene molto utilizzata sia in campo di ricerca che in ambito clinico e riabilitativo. “Grazie all’utilizzo di questa tecnica siamo stati in grado di alterare la funzionalità della corteccia prefrontale che è risultata cruciale per il riconsolidamento di un ricordo aversivo”, spiega Sara Borgomaneri. “In questo modo, con la TMS abbiamo potuto ottenere risultati simili a quanto fino ad oggi si poteva fare soltanto attraverso somministrazione farmacologica”.La tecnica ideata dagli studiosi è stata messa alla prova con un esperimento che ha coinvolto 98 persone sane, tutte sottoposte all’acquisizione di una memoria aversiva e, il giorno successivo, ad un protocollo di TMS. “Per prima cosa abbiamo creato il ricordo aversivo, abbinando una stimolazione fastidiosa alla presentazione di alcune immagini”, spiega Borgomaneri. “Il giorno successivo, abbiamo poi presentato ad alcuni gruppi di partecipanti lo stesso stimolo, che a quel punto era stato immagazzinato nella loro memoria come aversivo, e immediatamente dopo abbiamo interferito, mediante TMS, con l’attività della loro corteccia prefrontale”. Per controllare l’efficacia del paradigma sperimentale, altri gruppi di partecipanti sono stati invece sottoposti a stimolazione magnetica senza la riattivazione del ricordo, e altri ancora hanno ricevuto la stimolazione magnetica in aree diverse dalla corteccia prefrontale, non coinvolte nella memoria di eventi aversivi.A questo punto restava solo da valutare se la stimolazione aveva ottenuto gli effetti sperati. Fatto passare un altro giorno, quindi, i ricercatori hanno testato la reazione dei diversi gruppi di partecipanti una volta rievocato il ricordo aversivo. E il risultato è stato positivo: i partecipanti ai quali era stata inibita l’attività della corteccia prefrontale mostravano una ridotta risposta psicofisiologica allo stimolo aversivo. Il ricordo consapevole dell’evento era rimasto intatto, ma l’impatto negativo era significativamente ridotto. “Questo esperimento ha dimostrato che è possibile modificare la resistenza di un ricordo potenzialmente traumatico: una novità che può avere ricadute importanti in campo clinico e riabilitativo”, spiega il professor Giuseppe di Pellegrino che ha coordinato lo studio. “Si tratta di una nuova tecnica che può essere applicata a contesti diversi e associata a diverse funzioni, a partire dal disturbo post traumatico da stress su cui abbiamo intenzione di concentrare le nostre prossime ricerche”.Lo studio è stato realizzato dal Centro studi e ricerche in Neuroscienze Cognitive dell’Università di Bologna, attivo al Campus di Cesena presso il Dipartimento di Psicologia. Gli autori sono Sara Borgomaneri, Simone Battaglia, Sara Garofalo, Francesco Tortora, Alessio Avenanti e Giuseppe di Pellegrino. La prima autrice, Sara Borgomaneri, è da pochi mesi ricercatrice RTDB al Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna grazie al finanziamento ministeriale per i Dipartimenti di Eccellenza. Il lavoro del gruppo di ricerca è supportato da finanziamenti del Ministero della Salute, della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, della Fondazione Cogito (Svizzera) e Bial (Portogallo).

Fonte: askanews.it

Teva: 140 candidature da tutta Italia e 10 progetti finalisti

Un numero record di 140 candidature ricevute da tutta Italia conferma la grande partecipazione delle associazioni no profit all’edizione 2025 degli Humanizing Health Awards, il premio promosso da Teva Italia, azienda farmaceutica leader nel mercato, per valorizzare i progetti che mettono al centro la relazione di cura. Un risultato che, informa una nota, testimonia quanto il tema dell’umanizzazione della sanità sia oggi più che mai condiviso e sentito su tutto il territorio.

“Ogni anno, gli Humanizing Health Awards ci ricordano quanto sia prezioso il lavoro delle associazioni senza scopo di lucro che operano accanto a pazienti e caregiver con dedizione, ascolto e umanità – ha commentato Giordana Cortinovis, Marketing e Communication Director di Teva Italia. Quest’anno siamo stati colpiti non solo dal numero, ma anche dalla qualità e originalità dei progetti ricevuti, espressione di un Terzo Settore innovativo e vicino ai bisogni delle persone.”

Lanciato a marzo, il bando degli Humanizing Health Awards ha raccolto in poche settimane proposte da enti e associazioni che, ogni giorno, alleviano il percorso di cura di pazienti e caregiver. Dopo un’attenta valutazione dei 140 progetti da parte di quattro comitati interni – composti da una rappresentanza dei dipendenti Teva – e di un comitato esterno – composto da medici, farmacisti, giornalisti e rappresentanti del terzo settore – sono stati selezionati 10 progetti finalisti, 2 per ciascuna delle cinque categorie in gara: patologie oncologiche; patologie pediatriche; caregiver; salute mentale e malattie neurodegenerative; malattie croniche.

Il comitato esterno ha visto il coinvolgimento di figure autorevoli provenienti dal mondo medico, farmaceutico e giornalistico: Giampaolo Cerri, giornalista esperto di temi sociali; Andrea Fanzago, Presidente CSV Milano; Vassilis Martiadis, psichiatra presso l’ASL Napoli 1; Anna Carla Pozzi, Vicesegretario FIMMG Lombardia; Annarosa Racca, Presidente di Federfarma Lombardia; Grazia Sances, neurologa della Fondazione Mondino; Giulio Sensi, giornalista specializzato nel Terzo Settore. I cinque vincitori – uno per ciascuna categoria – saranno decretati grazie alle votazioni di tutti i dipendenti di Teva Italia insieme, per la prima volta, a una rappresentanza di medici e farmacisti iscritti alla piattaforma TevaLab. Una scelta che arricchisce ulteriormente il valore del premio, coinvolgendo attivamente gli operatori sanitari che lavorano per migliorare la salute delle persone. I vincitori saranno annunciati nel corso della cerimonia ufficiale prevista a settembre. Teva Italia ringrazia di cuore le tante associazioni che hanno aderito all’iniziativa e si congratula con loro per l’impegno portato avanti quotidianamente nell’aiutare le persone durante il difficile momento della malattia.

Fonte: askanews.it

Dal 24 al 26 ottobre a Peschiera del Garda

Che tipo di risata hai? Spontanea, contagiosa o intenzionale? Potrai scoprirlo in occasione del V Congresso Italiano di Yoga della Risata, organizzato dal 24 al 26 ottobre a Peschiera del Garda (VR) dall’Istituto Italiano di Yoga della Risata, diretto dai Master Trainer Lara Lucaccioni e Matteo Ficara. Saranno tre giorni di formazione, giochi e risate, aperti a tutti, per scoprire la via più semplice ed economica al benessere.

Nel trentesimo anniversario della nascita di questa pratica, l’evento sarà un’esperienza corale, inclusiva e profondamente trasformativa, pensata per chi vuole crescere, connettersi e ispirarsi. Oltre 40 relatori condivideranno le loro esperienze di successo nelle varie applicazioni: ambito educativo (scuola e bambini), aziende, sociale (anziani), clinico e riabilitativo (malattie neurodegenerative, persone con disabilità, con disturbi alimentari e psichiatrici), spirituale e personale.

Protagonisti d’eccezione saranno i fondatori della pratica: il medico indiano dottor Madan Kataria e sua moglie Madhuri, che interverranno da remoto portando aggiornamenti mondiali su una disciplina basata sull’intuizione rivoluzionaria che tutti possono ridere anche in assenza di umorismo, con innumerevoli benefici terapeutici, comprovati da oltre 700 ricerche scientifiche.
Il Congresso 2025 si distingue per il respiro internazionale, con la presenza di alcuni dei più importanti ricercatori mondiali, tra cui il Master trainer australiano Merv Neal, con aggiornamenti anche dalla sua ultima pubblicazione sulla Oxford University Press, e Fatma Ozlem Ozturk, professoressa associata all’Università di Ankara. In anteprima verranno presentati anche studi e ricerche in corso in Italia.

Fonte: askanews.it

Mendola (CeliachiaFacile): supermercati usano senza glutine come prodotto-civetta

L’adozione da parte della Regione Sicilia della piattaforma Celiachia@RL e dei buoni spesa digitali è senza dubbio un enorme passo avanti – ma non solo per la Grande Distribuzione (GDO), anche i negozi specializzati aspettavano con ansia il nuovo sistema – i vantaggi che invece i celiaci avranno a fare la spesa nei supermercati sono tutti da verificare. “Recentemente – commenta in una nota Michele Mendola, referente regionale per la Sicilia dell’Associazione Italiana Negozi Celiachia (AINC ETS) e founder della community CeliachiaFacile, – su un quotidiano è apparso articolo che invita a preferire i supermercati con il nuovo sistema elettronico, sostenendo che vi sia una maggiore convenienza economica. In realtà, chi frequenta i supermercati sa bene che l’offerta di prodotti senza glutine è molto limitata e la convenienza finale è tutta da verificare”.

L’esperto sottolinea che finora i buoni cartacei hanno limitato fortemente la diffusione dei prodotti senza glutine nei supermercati. “La gestione dei vecchi buoni – spiega Mendola – era molto onerosa dal punto di vista amministrativo, la Grane Distribuzione preferiva non accettarli e vendere solamente quei prodotti che riusciva a trovare sottocosto”.

Con l’arrivo dei buoni digitali, tuttavia, la situazione potrebbe non cambiare: “Il problema di fondo – prosegue – è che i celiaci sono una categoria di consumatori poco appetibile per la GDO: rappresentano appena lo 0,44% della popolazione, in Sicilia ci sono 20mila intolleranti su una popolazione di quasi 4,8 milioni di persone. Per un numero così esiguo di persone, ogni supermercato dovrebbe offrire la variante senza glutine di ogni prodotto: pane, pasta, biscotti, dolci, surgelati, piatti già pronti, prodotti tipici e di stagione”.

I supermercati riescono certamente a offrire dei prezzi più vantaggiosi su quei prodotti gluten-free che rientrano in contratti di fornitura più ampio. “In quel caso potrebbero addirittura essere offerti a prezzi inferiori al costo. Ma questo vuol dire – osserva l’esperto, – che il senza-glutine viene usato come prodotto-civetta: il maxi-sconto serve a attirare il cliente nel supermercato, nella speranza che poi acquisti anche gli altri prodotti a prezzi normali. Sull’intero carrello, la differenza si riduce, quando non si azzera del tutto. Sicuramente, però, il celiaco deve accontentarsi di una gamma di prodotti molto standardizzata”.

Ma oltre alla varietà della scelta, “il vero punto di forza dei negozi specializzati – sottolinea il divulgatore, – è rappresentato dalla varietà della scelta, nella qualità selezionata e nella capacità del negoziante di indirizzare correttamente il cliente, servizi che la grande distribuzione non è in grado di offrire. Chi cerca qualità, attenzione e una scelta ampia e diversificata continuerà a preferire i piccoli negozi specializzati che rappresentano da sempre un punto di riferimento imprescindibile per il mondo senza glutine”. Nella maggior parte dei casi, chi apre un negozio di prodotti senza glutine è egli stesso intollerante, o ha un familiare celiaco . “Questa motivazione personale – osserva ancora Mendola, – si traduce in un servizio che va ben oltre la semplice vendita: il negoziante chiama ogni cliente per nome, conosce le sue preferenze, consiglia nuovi prodotti adatti alle esigenze specifiche, e tiene traccia delle prenotazioni personali, preparando anche anticipatamente la spesa per chi è di fretta”. I negozi specializzati inoltre diventano così luoghi di aggregazione e confronto, vere e proprie community dove i celiaci possono scambiare opinioni, ricette, consigli pratici. “I negozianti o le farmacie con reparti dedicati organizzano eventi anche informativi sulla celiachia, incontri con specialisti e degustazioni per presentare ai clienti nuovi prodotti e sensibilizzare la comunità locale” conclude il fondatore di CeliachiaFacile.

Fonte: askanews.it

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